Acqua potabile e industria alimentare: requisiti e obbligo di analisi.

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Acqua potabile e industria alimentare: requisiti e obbligo di analisi.

Con il termine acqua potabile si intende quella destinata al consumo umano, trattata o non trattata, utilizzata per la preparazione di cibi e bevande o per altri usi domestici, indipendentemente dall’origine (rete di distribuzione, cisterne, bottiglie o contenitori).

La legislazione ne riconosce e regolamenta differenti tipologie, distinte in base alla composizione salina, all’origine, alle modalità di trasporto e agli eventuali trattamenti cui vengono sottoposte. Esistono infatti le “acque destinate al consumo umano”, le “acque minerali naturali”, le “acque di sorgente” e le “acque affinate”, tutte acque potabili ma disciplinate da differenti legislazioni.

L’acqua potabile in quanto adatta al consumo umano (ad esempio bere, cucinare e preparare il cibo) non deve essere contaminata da microrganismi o altre sostanze che possono danneggiare la salute pubblica.

Le norme in vigore, recepite a livello di Comunità Europea, stabiliscono i requisiti di potabilità attraverso il monitoraggio di numerosi parametri, per ognuno dei quali è stato fissato un limite di concentrazione. In particolare il D.Lgs 31/2001 (Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano), con le sue successive modifiche ed integrazioni, prevede il controllo di 53 parametri.

Molti esercizi commerciali come supermercati, macellerie, gelatai, pasticcerie, di bar, ristoranti, hotel e amministratori di condominio si domandano perché ci sia l’obbligo di analisi dell’acqua periodica.
L’Ente che gestisce l’erogazione dell’acqua ne assicura la salubrità fino all’attacco del contatore ma non garantisce la sicurezza dei condotti/tubature installate all’interno dell’azienda o del condominio, così come esposto nell’articolo 5 comma 2 del decreto legislativo n°31 del 2 febbraio 2010.

Nel ciclo produttivo l’acqua potabile viene utilizzata non solo come ingrediente del prodotto alimentare, ma anche impiegata per il lavaggio di alimenti, la produzione di ghiaccio e vapore, la pulizia, la sanificazione e il risciacquo di impianti, superfici di lavoro e attrezzature che vengono a contatto con gli alimenti. L’autocontrollo dell’impresa alimentare deve pertanto prevedere la verifica che nello stabilimento sia impiegata costantemente acqua che non influisca negativamente in modo diretto o indiretto sulla salubrità del prodotto finale e del consumatore..
Tutto va incluso nell’ambito delle procedure del manuale di autocontrollo HACCP e messo a disposizione delle autorità di controllo.

Le analisi sui campioni di acqua effettuate nell’ambito delle procedure di autocontrollo devono essere eseguite in conformità della legge 88/09 e dell’accordo di Conferenza Stato-Regioni 78/CSR/2010, come modificato ed integrato dall’accordo di Conferenza Stato-Regioni 84/CSR/2015. Le prove devono essere effettuate da laboratori che effettuano analisi nell’ambito dell’autocontrollo delle imprese alimentari, iscritti negli elenchi regionali istituiti ai sensi delle norme sopra citate e che hanno specifiche prove accreditate sulle acque potabili ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2005.

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